
Ipno e Morfeo crescono
Aticolo a cura della Dott.ssa Marzia Serafin Psicologa-Psicoterapeuta
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L’età è la variabile che spiega maggiormente le differenze individuali nella durata e nella qualità del sonno (Carskadon e Dement, 2000). Dal punto di vista quantitativo il sonno ha più importanza nell’età infantile che in quella adulta e dal punto di vista della qualità il sonno subisce notevoli variazioni; infatti, a partire dall’età neonatale la quota REM va sempre più riducendosi (Cordelli, 1997). Nel primo mese di vita è presente un ritmo sonno-veglia polifasico con cicli di 3-4 ore. Nei quattro mesi successivi si assiste ad un progressivo adattamento al ciclo luce-buio, con i cicli di sonno che tendono a presentarsi di notte. A 6 mesi si organizza un periodo di sonno notturno più lungo di circa 6 ore con un solo risveglio notturno per alimentarsi. Si osserva un pattern tipico anche nella mamma: durante la gravidanza e nel primo mese di vita del bambino vi è un aumento dei risvegli, diminuisce il sonno lento (NREM) e vi è stretta relazione tra risveglio materno e movimenti del bambino. La necessità di un riposo a metà giornata è caratteristico dei bambini, con la crescita il sonnellino dopo il pranzo diventa sempre più breve e leggero, per poi sparire. Dalla prima alla seconda infanzia, il ciclo sonno-veglia si organizza progressivamente in un singolo episodio di sonno notturno, che in adolescenza ha la durata di circa 9 ore. Studi recenti hanno comunque sottolineato la presenza di un’ipersonnia fisiologica in pubertà, l’orologio circadiano dei ragazzi fa fare le ore piccole ma la sveglia scolastica li porta a interrompere il ciclo di sonno troppo presto e questo spiegherebbe la carenza di sonno cronica (Ovadia, 2015).
Successivamente, il periodo totale di sonno si riduce gradualmente, per stabilizzarsi in età adulta intorno a una media di 7 ore e 8 ore e mezza per notte (Morin e Espie, 2004). Gli adulti rappresentano la fascia sulla quale sono modulati i tempi e le esigenze dei tempi moderni: si lavora tutto il giorno, con un carico di stimoli veloci e numerosi, si spengono le luci attorno alle 23 e ci si sveglia alle 06.00-06.30. In alcune culture è ancora presente la “siesta” o pennichella che determina lo spostamento dell’ora di addormentamento in avanti (Ovadia, 2015). Le alterazioni del sonno sono incluse anche nei cambiamenti tipici della menopausa: i cambiamenti ormonali, il rilascio di adrenalina, le fluttuazioni del tono d’umore ed eventi psicosociali stressor determinano disturbi del sonno.
Negli anziani, la qualità del sonno peggiora, poiché si verifica una marcata riduzione del sonno profondo e un aumento degli stadi NREM 1 e 2. Gli anziani hanno risvegli più frequenti e prolungati. La durata del sonno però rimane intorno alle 7 ore in un periodo di 24 ore, per via dei sonnellini diurni che invece aumentano di frequenza. Questa integrazione spiega la percezione negativa per cui gli anziani sentono di aver dormito poco quando invece hanno riposato a sufficienza (Ovadia, 2015).
Ogni individuo può sviluppare bisogni di sonno differenti a seconda della fascia di età, e non per questo si deve sentire automaticamente afflitto da disturbi del sonno. Essere consapevole del ruolo del sonno nella propria vita e mettere in atto delle pratiche di buon sonno favorisce il benessere psicofisico.
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Bibliografia e sitografia
Carskadon, M.A., & Dement, W.C. (2011). Monitoring and staging human sleep. In M.H. Kryger, T. Roth, & W.C. Dement (Eds.), Principles and practice of sleep medicine, 5th edition, (pp 16-26). St.Louis: Elsevier Saunders.
Morin, C.M. e Espie, C.A. (2004). Insonnia. McGrawHill, Milano
Ovadia, D. (2015). Come cambia il sonno. Mente e cervello, n.128. Le Scienze, Roma
www.medicoebambino.com