Oltre alle allergie, anche depressione ed ansia sono in agguato!
Il calendario ci dice che l’Equinozio è arrivato già il 20 marzo e dunque, per il cielo, ci troviamo ufficialmente in primavera: le temperature si alzano, i raggi del sole fanno capolino più spesso e più convinti, flora e fauna si risvegliano, nel tepore e nella luce delle giornate successive al letargo invernale.
Eppure tale attivazione spesso viene descritta e percepita dagli individui come fonte di instabilità e irregolarità che possono portare anche a forme ansiose e depressive.
Vi sono teorie esplicative che coinvolgono i neurotrasmettitori, in particolare la serotonina e il suo trasportatore (SERT) sembrano avere un ruolo nella regolazione del nostro buonumore.
Tale spiegazione è intuibile (McMahon, 2014) per il Disturbo Affettivo Stagionale (SAD) nella versione invernale: in alcuni individui con la riduzione dell’apporto di luce il SERT aumenterebbe la sua attività depotenziando la serotonina e innescando così reazioni depressive. Eppure il nostro orologio biologico può faticare ad adattarsi anche alle nuove abitudini di luce: palpitazioni, tachicardia, dispnee, cefalee, svogliatezza, irritabilità, apatia e nervosismo caratterizzano il cosiddetto “mal di primavera”.
Il cambiamento dell’ora da solare a legale rappresenta un passaggio critico che, ulteriormente, destabilizza il nostro equilibrio neurochimico, già influenzato dagli scompensi ormonali tipici della stagione.
Quando l’ambiente esterno ci ricorda che dobbiamo uscire, come la marmotta della Pennsylvania, noi sentiamo di dover mettere alla prova un corpo ed una mente abituati a dei ritmi differenti, invernali, e probabilmente ci sentiamo fragili e poco inclini ad uscire dalla tana.
Uscire allo scoperto, in fondo, vuol dire mostrarsi e dunque fare i conti con le proprie insicurezze: non tutti, ad esempio, amano il proprio corpo e abbandonare il cappotto invernale significa ritrovarsi a vivere la frustrazione, il non sentirsi ok, con influenza negativa sull’autostima e sulle dinamiche interpersonali. Secondo il DSM-V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, 2014) stiamo parlando di un SAD nella sua variante estiva: gli episodi depressivi si presentano all’inizio della stagione primaverile, raggiungono l’acme nel periodo estivo e si risolvono all’inizio della stagione autunnale, registrando poi dei livelli di attivazione del SERT incostanti. Inoltre alcuni disturbi dell’umore sembrano subire delle esacerbazioni proprio durante l’inizio della bella stagione.
Per quanto riguarda l’ambito ansioso paradossalmente l’aumento della luce e, conseguentemente, dei livelli di melatonina, serotonina e indirettamente di cortisolo, allo scopo di supportare la maggiore richiesta di energia, possono essere letti dall’ansioso come un’iper-attivazione generale che provoca a sua volta ansia. Tra i disturbi dello spettro ansioso che peggiorano in primavera vi sono anche quelli riconducibili ai sintomi psicosomatici, in cui il disagio psicologico si esprime attraverso il corpo a livello dell’apparato digerente (colite, nausea, gastrite, reflusso gastroesofageo), dell’apparato respiratorio (sensazione di fame d’aria, dispnea) e dell’apparato muscolare (nodo alla gola, mal di testa, mal di schiena).
Quindi dobbiamo arrenderci ad una “maledetta primavera” o possiamo farci contagiare dalle “pulizie di primavera”? Iniziare diete, frequentare palestre e centri estetici, andare dal medico o dallo psicologo allo scopo di eliminare tossine, chili superflui, convinzioni disfunzionanti e per raccogliere non erbe infestanti ma una primula dai petali di opportunità e di cambiamento:
“…Oggi si respira libertà
In primavera
La terra nera ritorna verde
E le montagne e il deserto
Un bel giardino
Come il seme
Porta nuova vita
C’è in questa primavera una nuova era…”
(Santana)